Pagina:Eminescu - Poesie, 1927.djvu/41

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Introduzione xxxvii


tutti i CCCXXXV Padri del Concilio di Nicea, e la bocca dell’Inferno t’inghiotta, e la sete della Gehenna ti tormenti, e il fuoco dell’amore ti bruci, e il vino ti si cambi in aceto, e la birra in acqua, e possa tu avere la sorte di Ario, l’eretico nemico di Dio che brucia nel fuoco eterno e brucerà fino alla fine dei secoli. Amen».

Inutile dire se la parodia ottenesse successo! Gli studenti si buttavan via dalle risa, ed Eminescu esclamava:

— «A maraviglia! Così piace anche a me! Questo si chiama divertirsi davvero alla rumena, secondo le più sane e storiche tradizioni del nostro popolo! Avanti dunque!».

L’uso rimase ancora in vigore per molti anni dopo la partenza di Eminescu da Vienna, e, quando nel 1875 il poeta rivide a Cernăuți lo Stefanelli, gli domandò ridendo se fosse ancora Gran Logotheta del Regno e se seguitasse a scriver lettere patenti!

A Vienna Eminescu conobbe personalmente Iacob Negruzzi che gli aveva pubblicato per la prima volta una poesia (Venere e la Madonna) nelle Convorbiri Literare e Veronica Micle, la donna ch’egli avrebbe amata tutta la vita e il cui nome sarebbe rimasto nella letteratura rumena indivisibile dal suo.

Probabilmente per seguire a Iassy la dolce figura apparsagli come una visione di felicità, Eminescu interruppe bruscamente i suoi studii a Vienna, e, dopo un breve soggiorno in patria (affermato dagli uni, negato dagli altri, e del quale ad ogni modo non abbiamo nessun documento), lo ritroviamo il 18 decembre del 1872 a Berlino regolarmente iscritto alla facoltà di Filosofia. Che cosa Eminescu abbia fatto nel periodo di tempo che corre dall’8 aprile 1872 (data dell’ultima lettera spedita da Vienna alla famiglia per sollecitar l’invio dei soliti otto ducati per potersi comprare — par di sentire il Leopardi — un soprabito di cui aveva urgente bisogno) al 18 dicembre di quell’anno; non sappiamo