Pagina:Garrone-Ragazzoni - Edgar Allan Pöe, Roux Frassati, Torino, 1896.pdf/39

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L’uomo sanguigno ha un periodo di gaiezza e di espansione, poi un pesante torpore.

L’uomo linfatico, un breve istante di vigore e di energia; poi, passata la crisi, un ebetismo fiacco ed impotente.

Per l’individuo nervoso o bilioso l’ebbrezza

    quanto quelle a cui viene negata la vita per la sola ragione che la mente umana non sa sorprendere quella vita nelle sue operazioni) tutte queste creature hanno, ad un grado più o meno vivo, la facoltà di provare la gioia od il dolore; ma la somma generale delle loro sensazioni è appunto il totale della Felicità che appartiene di diritto all’Essere Divino. Tutte queste creature sono pure intelligenze più o meno conscienti: conscienti, prima, della loro propria identità; conscienti poi, per pallidi lampi, della loro identità coll’Essere divino di cui noi parliamo, della loro identità con Dio. Di queste due specie di conscienze, la prima s’indebolisce gradualmente, la seconda si fortifica nella lunga successione dei secoli che devono trascorrere prima che queste miriadi di Intelligenze individuali si immedesimino e si confondano in una sola Intelligenza suprema. Il senso dell’identità individuale si trasfonde poco a poco nella coscienza generale, e l’Uomo cessando per gradazioni insensibili di sentirsi Uomo, raggiungerà alla fine l’epoca trionfale in cui riconoscerà la propria esistenza in quella stessa di Jeova.»
    Ecco la filosofia di Pöe, filosofia profonda, grandiosa, panteistica, come quella dei libri sacri degli Indu, come quella di Goëthe e di Shelley.
    Per Pöe tutto è vita — tutto è nella vita — la vita è nella vita — la più piccola nella più grande e tutte nello Spirito di Dio.