Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/264

Da Wikisource.
258 storia della decadenza

divenner superflui, e furono a grado a grado aboliti. Dovunque si stabilisce la sede del Governo, ivi si spende una parte considerabile delle pubbliche rendite dal Principe stesso, da’ suoi Ministri, dagli Offiziali di giustizia e da’ Cortigiani. Vi sono attratti i provinciali più ricchi dai potenti motivi dell’interesse e del dovere, del divertimento e della curiosità. Si forma insensibilmente una terza classe anche più numerosa di abitatori da’ servi, dagli artefici, e da’ mercanti, che ritraggono la sussistenza dal proprio lavoro, e da’ bisogni o dal lusso delle classi più elevate. In meno d’un secolo Costantinopoli contendeva coll’istessa Roma intorno alla superiorità delle ricchezze e della popolazione. Nuovi edifizi, ammucchiati insieme con poco riguardo alla salute o alla decenza, lasciavano appena lo spazio di anguste strade per la perpetua folla di uomini, di cavalli e di carriaggi. Il terreno, in principio destinato per la città, non era più sufficiente a contenere il popolo che sempre cresceva, e le sole fabbriche aggiuntevi, che si avanzavano dall’una e dall’altra parte nel mare, potevan formare una città molto considerabile1.

    ha evidentemente sbagliato intorno alla natura di questi beni. La medesima condizione, che si sarebbe con ragione stimata un peso, qualora fosse stata imposta su’ beni de’ privati, si riceveva come un favore quand’era accompagnata dalla concessione di fondi Imperiali.

  1. Gillio (de Byzant l. I. c. 3.) raccoglie, e connette fra loro i passi di Zosimo, di Sozomeno e di Agatia, che riferiscono l’accrescimento, e le fabbriche di Costantinopoli. Sidonio Apollinare (in Panegyr. Anthem. 56. p. 291. Edit. Sirmond) descrive le moli, che furono gettate molto avanti nel mare: formavansi queste dalla famosa pozzolana che indura nell’acqua.