Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/265

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dell'impero romano cap. xvii. 259


Le frequenti e regolari distribuzioni di vino e di olio, di grano o di pane, di danaro o di provvisioni avevano quasi liberato i cittadini più poveri di Roma dalla necessità di lavorare. Il fondator di Costantinopoli volle in qualche maniera imitar la magnificenza de’ primi Cesari1; ma per quanto la sua liberalità eccitasse l’applauso del popolo, essa è incorsa nella censura de’ posteri. Un popolo di legislatori e di conquistatori avea ben diritto alle raccolte dell’Affrica, la quale si era conquistata col di lui sangue; ed Augusto immaginò con grand’arte, che i Romani, godendo dell’abbondanza, perduta avrebbero la memoria della libertà. Ma non può scusarsi la prodigalità di Costantino per alcuna considerazione nè di pubblico, nè di privato vantaggio; e l’annuale tributo di grano, imposto sopra l’Egitto in pro della nuova sua capitale, impiegavasi a nutrire una pigra ed insolente plebaglia a spese degli agricoltori d’un’industriosa Provincia2. Vi sono alcuni altri regolamenti di quest’Imperatore meno biasimevoli, ma che non meritano che se ne faccia menzione. Esso divise Costantinopoli in quat-

  1. Sozomeno l. II. c. 3. Filostorg. l. II. c. 9. Codino Antiquit. Const. p. 8. Si rileva da Socrate (l. II. c. 13.) che la quotidiana distribuzione della città consisterà in ottanta migliaia di σιτε, che o si può tradur con Valesio per modj di grano, o supporre ch’esprima il numero de’ pani, che si dispensavano.
  2. Vedi Cod. Theodos. lib. XIII e XIV e Cod. Justin. Ed. XII. Tom. II. p. 648. edit. Genev. Si veda il bel lamento di Roma nel Poema di Claudiano de bello Gildon. v. 46-64.

    Cum subiit par Roma mihi, divisaque sumpsit
    Aequales Aurora togas; Aegyptia rura
    In partem cessere novam.