Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/299

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dell'impero romano cap. xvii. 293

ai pericoli d’una perpetua guerra, venivan premiati solo con circa due terzi della paga e degli emolumenti, che prodigamente si davano alla truppe del palazzo. Anche le bande o legioni, ch’erano innalzate quasi al livello di quegl’indegni favoriti, si sentivano in certo modo disonorate dal titolo d’onore, che loro si permetteva d’assumere. Invano si ripeterono da Costantino le più spaventose minacce di ferro e di fuoco contro i soldati di frontiera, che avessero ardito di disertare, di secondar le incursioni de’ Barbari o di partecipar delle spoglie1. Di rado si possono allontanare per mezzo di parziali rigori que’ danni che provengono da imprudenti consigli; e quantunque i Principi, che succederono, si studiassero di restaurare la forza ed il numero delle guarnigioni di frontiera, tuttavia l’Impero, fino all’ultimo istante del suo scioglimento, continuò a languire per quella mortal ferita, che gli fece con tanta inavvertenza e debolezza la mano di Costantino.

Sembra che l’istessa timida politica di divider tutto ciò che è unito, d’abbassare ciò che è eminente, di temere ogni attiva potenza, e di sperar che i più deboli siano per riuscire i più obbedienti, prevalesse nelle instituzioni di molti Principi, e specialmente in quelle di Costantino. Il marziale orgoglio delle legioni, i campi vittoriosi delle quali erano stati sì spesso il teatro della ribellione, era nutrito dalla memoria delle passate loro imprese, e dalla cognizione dell’attuale loro forza.

  1. Cod. Theodos. l. VII, Tit. I. leg. 1. Tit. XII. leg. l. 1edi Howell Istor. del Mond. Vol. II p. 19. Questo dotto istorico, che non è conosciuto abbastanza, si sforza di giustificare il carattere e la politica di Costantino.