Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/313

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dell'impero romano cap. xvii. 307

non eran questi gli abitanti da valutarsi: le pianure, che s’estendono dal piè del monte Argeo fino alle sponde del Saro, nutrivano una generosa razza di cavalli famosi nell’antico mondo sopra tutti gli altri per la maestosa loro figura ed incomparabil velocità. Le leggi difendevano questi sacri animali, destinati per servizio della Corte e de’ giuochi Imperiali, dalla profanazione d’un padrone volgare1. Le possessioni della Cappadocia erano di sufficiente importanza per esigere l’inspezione d’un Conte2; nelle altre parti dell’Impero si ponevano ufficiali di minor grado; e i deputati del Tesoriere privato, non meno che quelli del pubblico, eran sostenuti nell’esercizio delle indipendenti loro funzioni, ed incoraggiati a contrabbilanciare l’autorità de’ magistrati Provinciali3. 6. 7. I corpi scelti di cavalleria e d’infanteria, che guardavan la persona dell’Imperatore, eran sotto l’immediato comando de’ due Conti de’ Domestici. Tutto il loro numero consisteva in tremila cinquecento uomini, divisi in sette scuole o truppe, ognuna delle quali ne conteneva cinquecento; ed in Oriente quest’onorevole servizio era quasi totalmente proprio degli Armeni. Ogni volta che nelle pubbliche ceremonie schieravansi

  1. Cod. Theodos. l. X. Tit. V. De Grege Dominico. Gotofredo ha raccolto tutti gli antichi passi relativi a’ cavalli della Cappadocia. La Palmaziana, ch’era una delle più belle razze, fu confiscata ad un ribelle, il patrimonio del quale era sedici miglia distante da Tiana, vicino alla strada pubblica tra Costantinopoli ed Antiochia.
  2. Giustiniano Novell. 30 sottopose il dipartimento del Conte della Cappadocia all’autorità immediata dell’Eunuco favorito, che presedeva al Sacro cubicolo.
  3. Cod. Theod. l. VI. Tit. XXX. leg. 4. ec.