Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/317

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dell'impero romano cap. xvii. 311

acquiescenza de’ Provinciali incoraggiva i loro Governatori ad acquistare, o anche ad usurpar l’arbitrario potere d’impiegare i tormenti per estorcere da’ rei vagabondi o plebei la confessione de’ loro delitti, finattanto che appoco appoco giunsero a confonder le distinzioni de’ gradi, ed a non curare i privilegi de’ cittadini Romani. Le apprensioni de’ sudditi gli stimolavano a chiedere, e l’interesse del Sovrano lo impegnava a concedere una copia di speciali esenzioni, che tacitamente accordavano, anzi autorizzavan l’uso generale della tortura. Esse proteggevan tutte le persone di grado illustre oppure onorevoli, i Vescovi ed i loro Preti, i Professori delle arti liberali, i Soldati e le loro famiglie, gli Uffiziali municipali e i loro posteri fino alla terza generazione, e tutti gl’impuberi1. Ma fu introdotta nella nuova giurisprudenza dell’Impero la fatal massima, che in caso di ribellione, che includeva qualunque offesa, cui la sottigliezza de’ legali potesse far nascere da un’ostile intenzione verso il Principe o la Repubblica2, sospendevansi tutti i privilegi, e tutte le condizioni si riducevano al medesimo ignominioso livello. Siccome la salute dell’Imperatore

    doctissimorum hominum, apud quos etiam (id quod acerbissimum est) liberi civesque torquentur etc. Cicer. Partit. Orat. 6. 34. Può rilevarsi dal processo di Filota la pratica de’ Macedoni. Diodor. Sicul. l. XVII. p. 604. Q. Curt. l. VI. c. 11.

  1. L’Eineccio (Elem. Jur. Civ. P. VII. p. 81) ha riunite insieme tutte queste esenzioni.
  2. Sembra che questa definizione del prudente Ulpiano (Pandect. l. XLVIII. Tit. IV.) fosse adattata alla Corte di Caracalla, piuttosto che a quella di Alessandro Severo. Vedi i Codici di Teodosio e di Giustiniano ad leg. Juliam majestat.