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manifestamente si preferiva ad ogni considerazione di giustizia o di umanità, tanto la venerabile vecchiezza quanto la tenera gioventù erano ugualmente esposte ai più crudeli tormenti; e continuamente soprastavano al capo de’ principali cittadini del Mondo Romano i terrori di un’accusa maliziosa, che poteva rappresentarli o come complici, o come testimonj d’un forse immaginario delitto1.

Per quanto possan questi mali sembrar terribili, si ristringevan per altro a quel piccolo numero di sudditi Romani, la pericolosa situazione de’ quali era in qualche modo compensata dal godimento di que’ vantaggi o di natura o di fortuna, che gli esponevano alla gelosia del Monarca. Gli oscuri milioni di sudditi di un grand’Impero hanno molto men da temere la crudeltà che l’avarizia de’ lor Signori; e la loro umile felicità è principalmente aggravata dal peso delle tasse eccessive, che dolcemente premendo i ricchi, discendono con gravità accelerata sulle inferiori e più indigenti classi della società. Un ingegnoso Filosofo2 ha calcolato la misura universale delle pubbliche imposizioni secondo i gradi di libertà e di servitù; ed asserisce, che a tenor d’una legge invariabile di natura deve sempre crescere colla prima, e diminuire in giusta proporzione colla seconda. Ma questa rifles-

  1. Arcadio Carisio è il Giurisconsulto più vecchio citate dalle Pandette per giustificare l’universal uso della tortura in tutti i casi di ribellione; ma questa massima di tirannia, ch’è ammessa da Ammiano (l. XIX. c. 12) col più rispettoso terrore, vien confermata da varie leggi de’ successori di Costantino. Vedi Cod. Theod. l. IX. Tit. XXXV. In majestatis crimine omnibus aequa est conditio.
  2. Montesquieu Espr. des Loix l. XII. c. 13.