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da’ propri fratelli, e scongiurava i suoi figli a vendicar la sua morte ed a provvedere alla propria loro salvezza colla punizione de’ rei1. Per quante ragioni potessero addurre quegl’infelici Principi per difendere la vita e l’onore da una tanto incredibile accusa, furon costretti a tacere da’ furiosi clamori de’ soldati, che si dichiararono loro nemici nel tempo stesso, e giudici ed esecutori. Lo spirito, ed anche la forma del legittimo processo, restò più volte violata in un tumultuario macello, in cui restarono involti i due zii di Costanzo, sette de’ suoi cugini, i più illustri dei quali furon Dalmazio ed Annibaliano, il Patrizio Ottato, che aveva per moglie una sorella del morto Imperatore, ed il Prefetto Ablavio, a cui la potenza e le ricchezze avevano inspirato qualche speranza d’ottenere la porpora. Se vi fosse bisogno d’aggravare anche gli orrori di questa sanguinosa scena, si potrebbe aggiungere, che Costanzo medesimo aveva sposata la figlia di Giulio suo zio, e che aveva data la sua sorella in matrimonio al suo cugino Annibaliano. Queste parentele, che la politica di Costantino, senza riguardo al pubblico danno2, avea fatte tra’ diversi rami della

  1. Ho riferito questo singolare aneddoto sull’autorità di Filostorgio l. II. c. 16. Ma se mai da Costanzo, o dagli aderenti di lui si usò tal pretesto, dipoi fu disprezzato, appena ebbe servito all’immediato loro disegno. Atanasio (Tom. I p. 856) fa menzione del giuramento, che Costanzo avea preso per la sicurezza de’ suoi congiunti.
  2. Coniugia sobrinarum diu ignorata tempore addito percrebuisse. Tacit. Annal. XII. 6. e Lips. Ib. La rivocazione dell’antica legge, e la pratica di cinquecent’anni non furono bastanti a sradicare i pregiudizi de’ Romani, che sempre risguardarono i matrimonj de’ cugini germani come una specie d’imperfetto incesto (Augustin. De civ. Dei XV. 6.); e