Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/365

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dell'impero romano cap. xviii. 359

vano dalla generosità del loro zio. Attoniti e sopraffatti dall’impeto del furor popolare, sembra che inabili a fuggire o a resistere, s’abbandonassero nelle mani degl’implacabili loro nemici. Fu sospeso il loro destino fino alla venuta di Costanzo, ch’era il secondo1, e forse il più favorito tra’ figli di Costantino.

La voce dell’Imperatore spirante avea raccomandata la cura de’ suoi funerali alla pietà di Costanzo; e questo Principe, attesa la vicinanza della sua residenza in Oriente, poteva con facilità prevenire la diligenza de’ suoi fratelli, che risedevano ne’ lontani loro governi dell’Italia e della Gallia. Appena ebbe preso possesso del Palazzo di Costantinopoli, che il suo primo pensiero fu quello di togliere di timore i congiunti mediante un solenne giuramento, con cui si fece mallevadore della loro sicurezza; e la seconda sua occupazione fu di trovare qualche specioso pretesto, che potesse liberare la sua coscienza dall’obbligo d’una imprudente promessa. Furon fatte servire le arti della frode a’ disegni della crudeltà, e si attestò una manifesta falsità da una persona del più sacro carattere. Costanzo ricevè dalle mani del Vescovo di Nicomedia una fatal pergamena, che fu asserito essere il vero testamento di suo padre, nel quale dall’Imperatore si esprimevano i suoi sospetti d’essere stato avvelenato

  1. Si descrive il carattere di Dalmazio con vantaggio, quantunque brevemente, da Eutropio X. 9. Dalmatius Caesar prosperrima indole, neque patruo absimilis, haud multo post oppressus est factione militari. Siccome tanto Girolamo quanto la Cronica Alessandrina fanno menzione del terzo anno di questo Cesare, che non principiava fino al 18. o 24. Settembre dell’anno 337, egli è chiaro che queste militari fazioni continuarono per più di quattro mesi.