Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/459

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dell'impero romano cap. xix. 453

che imitazione della Romana eleganza, furon consumate dalle fiamme; e Cesare s’avanzò arditamente circa dieci miglia, finchè arrestati furono i suoi progressi da un’oscura ed impenetrabil foresta, minata da scavi sotterranei, che con segrete insidie ed imboscate minacciava ogni passo dell’assalitore. La terra era già coperta di neve; e Giuliano dopo d’avere risarcito una antica fortezza ch’era stata eretta da Traiano, concesse una tregua di dieci mesi ai sottomessi Barbari. Allo spirar della tregua, Giuliano intraprese una seconda spedizione di là dal Reno, per umiliare l’orgoglio di Surmar, e di Ortairo, due Re degli Alemanni, che s’eran trovati presenti alla battaglia di Strasburgo. Essi promisero di restituire tutti gli schiavi Romani, che tuttavia restavano in vita; e siccome Cesare s’era procurata un’esatta notizia dalle città e da’ villaggi della Gallia degli abitanti che avevan perduti, potè scuoprire qualunque tentativo, ch’essi fecero per ingannarlo, con tal felicità ed esattezza, che servì quasi a stabilir l’opinione della soprannaturale sua intelligenza. La terza spedizione di lui fu anche più splendida ed importante delle due precedenti. I Germani avevan raccolte le lor forze militari, e si muovevano lungo le opposte rive del fiume col disegno di abbattere il ponte, e d’impedire il passo ai Romani. Ma questo giudizioso piano di difesa restò sconcertato da un’opportuna diversione. Furon distaccati trecento attivi soldati, ed armati leggermente in quaranta piccole barche ad oggetto d’andare in silenzio lungo la corrente, e prender terra in qualche distanza da’ posti del nemico. Essi eseguirono i loro ordini con tale ardire e celerità, che avevan quasi sorpreso i Capi de’ Barbari, i quali senz’alcun timore