Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano III.djvu/461

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. xix. 455

ziando le loro esenzioni da ogni dover di fatica, facevano a gara ne’ più servili lavori colla diligenza de’ soldati Romani. Incumbeva a Cesare di provvedere alla sussistenza, non meno che alla sicurezza degli abitanti e delle guarnigioni. La deserzione degli uni e l’ammutinamento delle altre dovevano essere le fatali ed inevitabili conseguenze della carestia. La cultura delle Province della Gallia era stata interrotta dalle calamità della guerra; ma fu supplito, mediante la paterna sua cura, alle scarse raccolte del Continente dall’abbondanza delle Isole addiacenti. Seicento gran barche, costruite nella foresta d’Ardenna, fecer più viaggi alla costa della Britannia, e di là tornando cariche di grano, rimontavano su pel Reno, e distribuivano i loro carichi alle varie città e fortezze lungo le sponde del fiume1. Le armi di Giuliano avevano renduta libera e sicura una navigazione, che Costanzo aveva offerto di comprare a spese della sua dignità, e d’un tributario donativo di duemila libbre d’argento. L’Imperatore con parsimonia ricusava a’ propri soldati le somme, che con prodiga e tremante mano accordava a’ Barbari, e si pose ad una forte prova la destrezza ugualmente che la costanza di Giuliano, quando si mise in campagna con un esercito malcontento che avea già militato per due campagne senza

  1. Noi possiam credere a Giuliano medesimo (Orat. ad S. P. Q. Athen. p. 280) che dà una particolar notizia del fatto. Zosimo v’aggiugne 200 vascelli di più, l. III. p. 145. Se vogliam computare le seicento navi di grano di Giuliano a sette sole tonnellate l’una, eran capaci di estrarne 120000 sacca (Vedi Arbuthnol Pes. e Misur. p. 237). Il paese, che poteva soffrire sì grand’estrazione, doveva esser già pervenuto ad un ottimo stato d’agricoltura.