Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano IV.djvu/17

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dell'impero romano cap. xx 13

e tal uguaglianza dovè da una recente Setta interpretarsi come una vantaggiosa ed onorevole distinzione. I due Imperatori manifestano al Mondo, ch’essi hanno conceduto una libera ed assoluta facoltà sì a’ Cristiani che a tutti gli altri di seguitar quella religione, che ognuno crede proprio di preferire, che si è posta nel cuore, e che stima la più conveniente al proprio uso. Spiegano esattamente ogni parola ambigua, tolgono ogni eccezione, ed esigono da’ Governatori delle Province una rigorosa obbedienza al vero e semplice senso d’un Editto, che tendeva a stabilire e ad assicurare senz’alcun limite i diritti della libertà religiosa. Si compiacciono d’assegnare due forti ragioni, che gli hanno indotti a concedere questa universale tolleranza, cioè la benigna intenzione di provvedere alla pace e felicità del lor popolo, e la pia speranza, che per mezzo di tal condotta saranno per calmare e rendersi propizia la Divinità, che ha la propria sede nel Cielo. Riconoscono con animo grato le molte segnalate prove che han ricevuto del favor Divino, o confidano che la medesima Providenza continuerà sempre a proteggere la prosperità del Principe e del Popolo. Da queste vaghe indeterminate espressioni di pietà posson dedursi tre supposizioni di una diversa, ma non incompatibil natura. Poteva l’animo di Costantino esser fluttuante fra le religioni Cristiana e Pagana. Secondo le libere e condiscendenti nozioni del Politeismo poteva egli riconoscere il Dio de’ Cristiani come una delle molte Divinità, che componevano la gerarchia del Cielo; o poteva per avventura aver abbracciato la filosofica e gradevole idea, che nonostante la varietà de’ nomi, de’ riti, e delle opinioni,