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118 storia della decadenza

riodo da parecchi stranieri, uomini di merito, fu abbracciata la Setta dei Monofisiti, e Abulfaragio1, Primate dell’Oriente, tanto notabile per la vita e per la morte sua, era figlio di un Giudeo. Scriveva elegantemente il siriaco e l’arabo; fu poeta, medico, storico, filosofo sagace, e teologo moderato. Ai suoi funerali assistè il Patriarca nestoriano, suo rivale, con gran seguito di Greci e d’Armeni, i quali poste in non cale le dispute, vennero a mescer le loro lagrime sulle ceneri d’un nemico. Sembrava per altro che la Setta onorata dalle virtù d’Abulfaragio fosse riguardata come inferiore d’un grado a quella dei Nestoriani. È più abbietta la superstizione dei Giacobiti, più rigidi ne sono i digiuni2, più molteplici le divisioni intestine, e (per quanto si può misurare la scala dell’assurdità) più lontani dalla ragione dei loro dottori. A questa differenza contribuisce, senza dubbio, la severità della teologia dei Monofisiti; ma molto più probabilmente l’autorevole direzione dei monaci. Nella Siria, in Egitto, in Etiopia i Monaci giacobiti furono sempre singolari per austerità di mortificazioni e per la stravaganza delle loro leggende. In vita e in morte sono venerati

  1. Le particolarità relative alla sua persona e a’ suoi scritti formano per avventura l’articolo più curioso della Biblioteca d’Assemani (t. II, p. 244-321; ivi porta il nome di Gregorio Bar-Ebreo). La Croze (Christian. d’Ethiopie, p. 53-63), si fa beffe dal pregiudizio che hanno gli Spagnuoli contro il sangue giudaico, il quale secretamente macchia la loro chiesa e la loro nazione.
  2. La Croze (p. 352), e lo stesso Sirio Assemani (t. I, p. 226, t. II, p. 304, 305), fanno la critica di quella astinenza eccessiva.