Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/112

Da Wikisource.
108 storia della decadenza

voglia„. L’Imperatore s’arrestò: ma l’impunità de’ suoi ministri fece stabilire la perniciosa massima che essi potevano opprimere i sudditi, senza offendere il servizio di lui. Una rigorosa ricerca sopra la loro condotta avrebbe medicato il pubblico disgusto. La severa condanna dell’uccisor di Gabinio era il solo mezzo che restituir potesse la confidenza dei Germani, e vendicar l’onore del nome Romano. Ma il superbo Monarca era incapace della magnanimità, che osa riconoscere una mancanza. Dimenticò egli la causa, solo si rammentò dell’ingiuria, e s’avanzò nel paese dei Quadi con un’insaziabile sete di vendetta e di sangue. Si giustificò agli occhi dell’Imperatore, e forse a quelli del Mondo l’estrema devastazione ed il promiscuo macello d’una barbara guerra dalla crudele equità delle rappresaglie1, e tale fu la disciplina dei Romani e la costernazione del nemico, che Valentiniano ripassò il Danubio senza la perdita d’un solo uomo. Siccome aveva egli risoluto di totalmente distruggere i Quadi in una seconda campagna, stabilì i suoi quartieri d’inverno a Bregezio sul Danubio, vicino alla città di Presburgo nell’Ungheria. Mentre il rigore della stagione teneva sospese le operazioni di guerra, i Quadi fecero un umile tentativo di mitigare il furor del vincitore; ed i loro Ambasciatori, alla premurosa persuasione d’Equizio, furono introdotti nel consiglio Imperiale. Accostaronsi al trono inchinati ed in aria dimessa; e senza neppure osar di

  1. Ammiano XXX. 5. Girolamo, che esagera la disgrazia di Valentiniano, gli nega sino quest’ultima consolazione della vendetta: Genitali vastato solo et inultam Patriam derelinquens: Tom. I. p. 26.