Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano V.djvu/65

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dell'impero romano cap. xxv. 61

da tre diverse parti la montagna di Solicinio. Ogni passo che facevano, accresceva loro l’ardore, ed abbatteva la resistenza del nemico; e poscia che le riunite lor forze ebbero occupata la sommità del monte, impetuosamente spinsero i Barbari verso il declive settentrionale, dove era situato il Conte Sebastiano per impedir loro la ritirata. Dopo tal segnalata vittoria Valentiniano tornò ai suoi quartieri d’inverno a Treveri; dove promosse la pubblica gioia colla rappresentazione di trionfali e splendidi giuochi1. Ma il saggio Monarca, invece d’aspirare alla conquista della Germania, limitò la sua attenzione all’importante e laboriosa difesa della frontiera Gallica contro un nemico, la forza di cui era rinnovata da uno sciame di coraggiosi volontari, che di continuo venivano dalle più lontane tribù del Settentrione2. Sulle rive del Reno, dalla sua sorgente fino allo stretto dell’Oceano, s’eressero frequenti e considerabili fortezze ed opportune torri; l’ingegno d’un Principe, abile nelle arti meccaniche, inventò nuove operazioni e novelle armi; e le sue numerose reclute di gioventù, sì Romana che Barbara, venivano esercitate rigorosamente in tutti gli esercizi di guerra. Il progresso dell’opera, alla

  1. Questa spedizione vien riferita da Ammiano (XXVII. 10) e celebrata da Ausonio (Mosell. 421.) il quale stoltamente suppone, che i Romani ignorassero le sorgenti del Danubio.
  2. Immanis enim natio jam inde ab incunabulis primis varietate casuum imminuta, ita saepius adolescit, ut fuisse longis soeculis aestimetur intacta: Ammiano XXVII. 5. Il Conte di Buat (Histor. des Peuples de l’Europ. Tom. VII. p. 370.) attribuisce la fecondità degli Alemanni alla facilità con cui adottavano gli stranieri.