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al popolo1. Esso fu ricevuto come il liberator della patria; ed appena si vide, che Romano non era formidabile che ad una sommessa Provincia, il Tiranno dell’Affrica divenne un oggetto d’universale disprezzo. La rovina di Cesarea, che fu saccheggiata e bruciata dai licenziosi Barbari, convinse le città refrattarie del pericolo che correvano resistendo; la potenza di Firmo si stabilì, almeno nelle Province della Mauritania e della Numidia; e pareva che egli non fosse più dubbioso che nell’assumere o il diadema di Re Mauritano o la porpora di Romano Imperatore. Ma gl’imprudenti ed infelici Affricani presto s’accorsero, che in questa inconsiderata rivoluzione non avevano a sufficienza esaminata la propria loro forza o l’abilità del lor condottiero. Avanti che questi aver potesse alcuna certa notizia, che l’Imperator d’Occidente avesse determinata la scelta di un Generale, o che si fosse preparata una flotta di trasporti alla bocca del Rodano, ad un tratto egli seppe che il Gran Teodosio con una piccola truppa di veterani avea preso terra presso a Igilgiti o Gigeri sulla costa dell’Affrica; ed il timido usurpatore fu oppresso dalla superiorità del valore e del genio militare. [A. D. 373] Quantunque Firmo avesse armi e danaro, pure la disperazione di vincere lo ridusse immediatamente all’uso di quegli artifizi che nel medesimo luogo ed in simili circo-

  1. La cronologia d’Ammiano è sconnessa ed oscura; ed Orosio (l. VII. c. 33. p. 551 edit. Havercamp.), sembra, che ponga la rivoluzione di Firmo dopo la morte di Valentiniano e di Valente. Il Tillemont (Hist. des Emper. T. V. p. 691) procura di sgombrar la strada. Ne’ più sdrucciolevoli sentieri possiamo affidarci al paziente e sicuro mulo delle Alpi.