Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/445

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dell'impero romano cap. xxxv. 439

incredibili esagerazioni suppongono un’effettiva perdita sufficiente a giustificare l’osservazione dell’Istorico, che la pazzia de’ Re può distruggere delle intiere generazioni nello spazio d’un’ora. Dopo una reciproca e reiterata scarica di armi da avventare, nelle quali poterono gli arcieri di Scizia segnalare la superiore loro destrezza, la cavalleria e l’infanteria delle due armate furiosamente s’attaccarono in una più stretta pugna. Gli Unni che combattevano sotto gli occhi del lor Re, penetrarono nel debole e dubbioso centro degli alleati, separarono le loro ali una dall’altra, e girando con rapido sforzo a sinistra, diressero tutta la forza loro contro i Visigoti. Mentre Teodorico scorreva lungo le linee, per animar le sue truppe, ricevè un colpo mortale dal dardo d’Andage nobile Ostrogoto, e cadde subito da cavallo. Il Re ferito restò, nel general disordine, oppresso e calpestato dalla sua propria cavalleria; e questa importante morte servì a spiegare l’ambigua profezia degli aruspici. Attila già esultava nella fidanza della vittoria, quando il valoroso Torrismondo discese da’ colli, e verificò il rimanente della predizione. I Visigoti che si eran posti in confusione per la fuga o tradimento degli Alani, appoco appoco si rimisero in ordine di battaglia; e gli Unni furono indubitata-

    sono estremamente forti: bellum atrox, multiplex, immane, pertinax, cui simile nulla usquam narrat antiquitas: ubi talia gesta referuntur, ut nihil esset, quod in vita sun cospicere potuisset egregius, qui hujus miraculi privaretur aspectu. Dubos (Hist. crit. Tom. I, p. 392, 393 ) tenta di conciliare i 162,000 di Giornandes co’ 300,000 d’Idazio, e di Isidoro, supponendo, che il maggior numero contenesse la total distruzione della guerra, gli effetti delle malattie, la strage del Popolo inerme ec.