Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/157

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dell'impero romano cap. xliii. 153

sbatte un formicajo, può schiacciar nella polvere molte migliaia d’insetti: non pertanto la verità dee tirarci a confessore che l’uomo ha lavorato con molta industria alla propria sua distruzione. Lo stabilimento delle grandi città che racchiudono una nazione nel recinto di una muraglia, quasi realizza il desiderio nutrito da Caligola, che il Popolo Romano non avesse che un solo capo. [A. D. 526] Dicesi che due cento cinquantamila persone perissero nel tremuoto di Antiochia, il quale avvenne al tempo in cui la festa dell’Ascensione aveva accresciuto con una grande affluenza di stranieri la moltitudine dei cittadini. [A. D. 551] La perdita di Berito1 fu di minor grandezza, ma di maggior valore. Questa città, situata sulla costa della Fenicia, era illustre per lo studio delle leggi civili, che aprivano le più sicure strade all’opulenza ed agli onori. Le scuole di Berito riboccavano de’ più begl’ingegni che sorgessero in quell’età, ed il tremuoto schiacciò per avventura più di un giovane che vivendo sarebbe divenuto il flagello o il difensore della sua patria. In mezzo a questi disastri l’Architettura si mostra la nemica del genere umano. La capanna di un selvaggio o la tenda di un Arabo, possono venir rovesciate, senza che ne provi danno chi abita in essa; e ben si apponevano i Peruviani nel deridere la follia dei conquistatori Spa-

    villaggio di Patrona che miserabilmente rappresenta quella città, non ha più alcun porto.

  1. Eineccio (p. 351-356) celebra l’università, lo splendore, e la rovina di Berito come una parte essenziale dell’istoria della giurisprudenza romana. Berito fu distrutta nell’anno XXV del regno di Giustiniano D. C. 551, ai 9 di luglio (Teofane, p. 192). Ma Agatia (l. II p. 51, 52) sospende il tremuoto sino dopo la conquista dell’Italia.