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222 storia della decadenza

dipendeva dalla volontà del marito: ma sconosciuta era la poligamia, ed egli mai non poteva ammettere nel suo talamo una più bella o più favorita compagna.

Dopo i trionfi punici, le matrone di Roma aspirarono ai benefizj comuni di una libera e potente Repubblica: appagati furono i lor desiderj dall’indulgenza dei padri e degli amanti, e la gravità di Catone il censore indarno fece argine alla loro ambizione1. Esse si sciolsero dalle solennità delle prische nozze, disfecero la prescrizione annua mediante un’assenza di tre giorni, e senza perdere il nome o l’independenza loro sottoscrissero i liberali e definiti termini di un contratto di matrimonio. Esse comunicarono l’uso ma si assicurarono la proprietà dei privati lor beni; la sostanza di una moglie non si potè più alienare od impegnare da un prodigo marito. La gelosia delle leggi proibì ai conjugi le donazioni reciproche, e la cattiva condotta di una delle parti potè porgere, sotto un altro nome, argomento ad un’azione di furto. A questo libero e volontario contratto più non tornarono essenziali i riti religiosi e civili, e, tra persone di un grado

    ogni settimana, ed una volta sola pel villano; ad una volta ogni trenta giorni pel conduttore dei cammelli, ed a una volta ogni sei mesi pel marinaro; ma ne vuole esente chi si dedica allo studio, ed il dottore. Una moglie che una volta ogni settimana l’ottenesse, non poteva domandare il divorzio: per una settimana il voto di continenza era permesso. La poligamìa divideva i doveri del marito senza moltiplicarli. (Selden, Uxor ebraica, l. III c. 6, nelle sue opere, vol. 2 p. 717-720).

  1. Sulla legge Oppia Tito Livio (l. XXXIV 1-8) riferisce il moderato discorso di Valerio Flacco, e l’aringa fatta da Catone l’Antico nella sua qualità di censore. Ma gli oratori del sesto secolo della fondazione di Roma, non avevano lo