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202 storia della decadenza

sempre avidi di politici cambiamenti, nè confidenza, nè speranza m’inspira1. Se noi perdiamo la Calabria, le alte torri, la numerosa gioventù e i navigli di Messina2 basteranno per arrestare i masnadieri: ma se i Selvaggi della Germania si collegano coi messinesi pirati, se portano la fiamma in questa fertile regione, già spesso assai travagliata dalle lave dell’Etna3, qual difesa rimane alle parti interne dell’Isola, a quelle belle città, che il piè nemico di un Barbaro non dovrebbe mai profanare4? Un tremuoto ha di bel nuovo rovesciata Catania, le antiche virtù di Siracusa languiscono nella solitudine e nella povertà5; ma Palermo ha conservato il suo ricco diadema, e le sue triplici mura racchiudono una moltitudine di Cristiani e di Saracini, ardenti in difen-

    Saracenis Christiani dissentiant, poterit rex creatus, rebus licet quasi desperatis et perditis subvenire, et incursus hostium, si prudenter egerit, propulsare.

  1. In Appulis, qui, semper novitate gaudentes, novarum rerum studiis aguntur, nihil arbitror spei aut fiduciae reponendum.
  2. Si civium tuorum virtutem et audaciam attendas ..... murorum etiam ambitum densis turribus circumspectum.
  3. Cum crudelitate piratica Theutonum confligat atrocitas, et inter ambustos lapides, et Ethnae flagrantis incendia, etc.
  4. Eam partem quam nobilissimarum civitatum fulgor illustrat, quae et toti regno singulari meruit privilegio praeminere, nefarium esset ... vel Barbarorum ingressu pollui. Merita di essere letta la descrizione ricercata sì, ma non priva di vezzo, con cui il Falcando dipinge il palagio, la città, e l’ubertosa pianura di Palermo.
  5. Vires non suppetunt, et conatus tuos tam inopia civium, quam paucitas bellatorum elidunt.