Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/323

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. lviii 317

Franchi affrettarono il lor cammino con quell’ardore cieco e presuntuoso che alla nazion loro viene sì spesso rimproverato. Dall’alpi fino alla Puglia, la corsa di Ugo il Grande, de’ due Roberti e di Stefano di Chartres, per mezzo ad un florido paese, e fra le acclamazioni de’ Cattolici, ad una processione trionfale paragonar si potea. Baciarono i piedi del Pontefice Romano, dalle cui mani il fratello del Re di Francia ricevè lo stendardo dorato del Principe degli Appostoli1; ma per questa visita di divozione e diporto trascurarono di calcolar le stagioni e di procacciarsi quanto era necessario all’imbarco. Perduto inutilmente il verno, i soldati Franchi dispersi per le città dell’Italia corruppersi. Per più riprese si veleggiò senza avere la debita cura alla sicurezza della flotta, e alla dignità de’ condottieri. Nove mesi dopo la festa dell’Assunzione, assegnata dal Papa qual giorno della partenza, tutti i Principi latini ne’ dintorni di Bisanzo convennero; ma il Conte di Vermandois vi comparve in forma di prigioniero, perchè la tempesta avendo separate le prime navi della sua flotta, i luogotenenti di Alessio, tutte le leggi delle nazioni infrangendo,

    suis habitatoribus igne combussere. Nec id eis injuria contigit: quia illorum detestabilis sermo et cancer serpebat, jamque circumjacentes regiones suo pravo dogmate faedaverat (Roberto Mon., p. 36, 37). Dopo avere freddamente raccontato il fatto, l’arcivescovo Baldricco aggiugne come un elogio: Omnes, siquidem illi viatores, Judaeos, haereticos, Saracenos aequaliter habent exosos; quos omnes appellant inimicos Dei (p. 92).

  1. Αναλαβομενος απο Ρωμης την χρυσην του΄ Αγιου Πετρου σημαιαν, levando da Roma tutto l’oro monetato di S. Pietro (Alexiad., l. X, p. 288).