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110 | del rinnovamento civile d'italia |
ignobile di Milano; lasciarono perire i patti rogati, risorgere e scapestrare il dominio ecclesiastico, infierire il Borbone di Napoli, e l’Austria padroneggiare due terzi della penisola. A tanti scandali non mossero una voce di rammarico e di querela; dove che sono pieni di eloquente iracondia contro il Piemonte ogni volta che non va ai versi dell’Austriaco, e veggono a malincuore che il fòro ci sia sottratto all’ingerenza dei sacerdoti. I consigli e anco le rimostranze dei conservatori forestieri ci sarebbero di profitto e verrebbero accolte con gratitudine, quando fossero accompagnate da due condizioni. L’una, che si porgano con riserva e modestia; l’altra, che muovano da buone informazioni e da prudenza civile. Ma se altri con poca o niuna notizia del nostro paese ci vuol fare il maestro addosso e tratta l’Italia quasi a modo di provincia suddita, noi saremo escusati di non dar retta alle sue ammonizioni, anzi di ricordargli il precetto di un grande antico a proposito dei forestieri che s’ingeriscono nelle altrui faccende1.
Ma essendo i piú degl’italiani disusati da tal cautela e poco solleciti del patrio decoro, le massime di fallace conservazione che prevalsero presso di noi nei giornali e nella pratica uscirono quasi tutte dalla detta officina. Il che io noto affinché si sappia che gli errori dei conservatori italiani non sono meglio erba dei nostri orti che i traviamenti di un altro genere. Il perno del loro nominalismo politico consiste nel disconoscere il valor del pensiero, che è pure la realtá suprema e la prima molla dell’universo. Il pensiero è la vena delle idee da cui deriva l’opinione pubblica, la quale è la somma delle idee pervenute piú o meno nei molti a riflessivo esplicamento. Ora l’opinione pubblica è la sovrana regolatrice della vita civile e la «regina del mondo», come uno scrittore nostrale citato da Biagio Pascal2 la chiamava in un tempo che era tuttavia assai meno