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capitolo vi - tomo iii | 509 |
condizione, dove abbiano da1 faticare assiduamente per vivere, che al più possano2 dissertare in un picciolo crocchio, e che non giungano mai3 a far cose, per cui debbano avere statue dopo la morte.
Il corteo4 clamoroso dovette condensarsi e insaccarsi,5 onde passare, come per una trafila,6 nella via angusta dei Fustagnarj, e quindi sboccare al Cordusio. Quivi era già ammassata un’altra folla, e il saccheggio d’un forno era avviato: i sopravvegnenti incalzavano7 quelli che erano già signori del campo, e si8 trasfondevano in essi, come potevano.
9Tutto ad un tratto una voce orrenda usci dalla folla: «andiamo dal Vicario di Provvisione, a fare una giustizia». Quella voce fu come una scintilla caduta10 nel mezzo d’una polveriera. «Dal Vicario di Provvisione!» gridarono tutti:11
e parve un rammentarsi d’un accordo già12 fatto, più che una risoluzione di quel momento. La casa del Vicario era sventuratamente vicinissima a quel luogo: in un punto la via
fu piena, e la casa cinta d’ogni parte.
Il Vicario di Provvisione stava in quel momento facendo un chilo agro e stentato d’un pranzo mangiato di mala voglia con un po’ di pane raffermo, rimasto, del giorno antecedente, e fra13 pensieri tristi,14 e15 di16 stupore, di inquietudine, di incertezza.
Uno o due17 benevoli,18 (perché nei garbugli sempre vi trascorre19 qualche onesto,20 che cerca poi di impedire un po’ di male) precorsero lo stormo, ed, entrati nella casa, avvertirono del pericolo. I servi, alle porte, alle finestre: non si vedeva altro che un nuvolo di gente che21 appressava, che era lì: in fretta in fretta, si avvisa il padrone: mentre questi delibera22 di fuggire, gli è detto che non è più a tempo: appena i servi possono chiudere e sbarrare la porta al momento che i primi della vanguardia stavano per porre piede sulla soglia:23 si chiudono tutte le imposte delle fine-
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- ↑ parole tronche: chi l’avrebbe creduto! come finirà? perché noi | discorsi tronchi
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