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104 GOGOL


Non per gl’incantesimi e l’empietà lo stregone è chiuso nel profondo sotterraneo; per queste cose, sarà solo giudice Iddio; egli è là per segreto tradimento, per un accordo coi nemici della terra russa ortodossa; egli ha voluto consegnare ai cattolici il popolo di Ukraina, e far incendiare le chiese cristiane, Lo stregone è cupo; volge in mente idee nere come la notte; non gli rimane che un giorno di vita, poichè domani dovrà dire addio alla terra, domani lo aspetta il castigo.

E il castigo non sarà lieve; sarà invece già una pietà se lo cuoceranno vivo in una caldaia o se gli strapperanno la pelle.

Lo stregone è cupo e china la testa. Forse si pente al cospetto dell’ora fatale; ma i suoi delitti son tali, che Dio stesso non può perdonarli. Gli sta sopra una stretta finestra, munita di sbarre di ferro. Facendo suonar le catene, tenta di guardar da quella finestra se non passi la figlia. Lei è dolce, misericordiosa come una colomba: non avrà compassione del padre? Ma, niente. In giù stendesi la strada; non passa anima. Più giù scorre il Dnepr; su lui non c’è da sperare; lui mugola, e quello strepito suona lugubremente alle orecchie del prigioniero.

Ecco; qualcuno appare sulla strada... È un cosacco; e il prigioniero sospira penosamente. Tutto torna deserto.

Vien di lontano una persona... Ha un kuntus1; le brilla in capo un korablik2 d’oro... È lei; egli si accosta alla finestra. Ella giunge, si avvicina...

— Caterina, figlia mia; abbi pietà; fammi grazia!...

Ma lei è muta; lei non vuole ascoltare e distrae gli occhi dalla prigione; è già passata, è scomparsa. Tutto è deserto sulla terra; il Dnepr mormora tristemente; un senso d’angoscia stringe il cuore; ma può forse lo stregone provar quell’angoscia?

Passa il giorno. Già il sole tramonta; scompare. È sera; fa fresco; un bove muggisce lontano; giungono rumori da altre parti; certo, la gente torna dal lavoro, si diverte; sul Dnepr luccica una barca... A chi può esser utile tanto quanto sarebbe al prigioniero? Una serpe di argento, la lu-

  1. Antica sopravveste molto usata fra i polacchi.
  2. Antica acconciatura da testa.