Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/113

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NOVELLE 111

stanca; egli scavalca i Liakhi con la lunga lancia e passa col focoso cavallo i fantaccini. Già la porta si libera; già i nemici volgono alla fuga; già i cosacchi strappano ai morti le spoglie dorate, le ricche armature, già il pan Danilo si slancia allo inseguimento e guarda per raccogliere i suoi... quando è colto da subito sudore: scorge il padre di Caterina. Costui sta sul poggio; lo mira col moschetto... Danilo sprona il cavallo e gli corre contro a tutta foga... Cosacco! Tu corri alla morte!... il moschetto echeggia... e lo stregone scompare dietro l’altura. Ma il fido Stereko lo riconosce dal gabbanello rosso, dalla bizzarra acconciatura. Il cosacco vacilla e cade a terra. Il fedele Stereko si avventa sul suo signore, che è là disteso, a occhi chiusi; il sangue vermiglio gl’irrompe gorgogliando dal petto. Ma certo egli ha sentito il fedele servitore; apre a stento le palpebre, gli luccicano gli occhi.

— Addio, Stereko! Di’ a Caterina che non abbandoni mio figlio. E non lo abbandonate neppur voi, fedeli servitori! — E tace: l’anima cosacca è volata via dal suo nobile corpo; gli si illividiscono le labbra; il cosacco dorme in eterno.

Il servitore singhiozza e accenna con la mano a Caterina.

— Via, pania; accorri; il tuo signore si è divertito; egli è oramai Uro-morto, sulla terra umida; per lungo tempo non si desterà.

Caterina batte convulsa le palme, e si abbandona come un fascio sul corpo inanimato.

— Sposo mio! Tu sei dunque qui steso, a occhi chiusi? Alzati, mio diletto falco, tendi le mani; salvati. Guarda almeno una volta ancora la tua Caterina; muovi le labbra, pronuncia la minima parola!... Ma tu taci, tu taci, mio radiante signore! Tu illividisci, come il Mar Nero! Il cuore non ti batte più!... Perchè sei così gelato, o mio signore! Le mie lacrime, vedo, non sono abbastanza ardenti per riscaldarti. I miei gemiti non sono tanto alti da svegliarti! Chi guiderà ora le tue genti armate? Chi monterà sul tuo cavallo nero, griderà e brandirà le tue sciabole alla testa dei cosacchi? Cosacchi! Cosacchi! Cosacchi! Dov’è il vostro onore, la vostra gloria? Ecco: giaciono qui, ad occhi chiusi, sull’umida terra. Seppellitemi, sotterratemi con lui. Gettatemi terra negli occhi. Inchiodatemi tavole di acero bianco sul petto. A che vale omai più la mia bellezza?