Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/128

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126 GOGOL

«E quando sarà venuta l’ora che dovran cessare i delitti di questo uomo. suscitami, mio Dio, dal fondo del baratro col mio cavallo, sull’alta montagna, e fa’ ch’egli venga a me; io lo lancerò dall’alto del monte nello stesso abisso profondo; fa’ che tutti i suoi morti, avi e antenati, ovunque sian vissuti, accorran da’ quattro angoli della terra per vendicarsi degli strazi che fa loro patire, e lo tormentino eternamente; e allora io mi rallegrerò, a vedere il suo supplizio. E Giuda Pietro non possa sollevarsi; si sbrani da sè e si ferisca; e crescan le sue ossa e diventino tento più estese e immense quanto più il suo dolore sarà forte. E questo castigo sarà tremendo per lui, poichè non v’è maggior angoscia per un uomo che il non potersi vendicare, quando vuole».


«Il castigo che tu hai inventato, o uomo, è spaventevole!» disse Dio; sia fatto come tu hai detto; ma anche tu resterai eternamente sul tuo cavallo e non acquisterai il regno celeste; tu sarai sempre sul tuo cavallo!». E tutto si compì secondo la divina parola. Fino ad oggi il fantastico cavaliere se ne sta a cavallo sui Karpati e guarda in fondo al baratro i morti tormentare il morto, e ascolta il morto, sotterra, allungarsi, torcere le ossa in terribili tormenti e scuotere spaventevolmente il fondo».


Il cieco finì con la canzone, e tornò a far risonare le corde della sua bandura. Raccontò poi storie gioviali su Khornel e Ierema, su Sikliaka Stokosa... ma i vecchi e i giovani restavano ancore fuor di sè, attoniti, a testa bassa, ripensando alla tremenda avventura, che si era svolta nel tempo.