Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/127

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NOVELLE 125

chi, scorse Pietro, che brandiva la lancia per rigettarlo giù. «Mio Dio, tu che sei giusto, non sarebbe stato meglio ch’io non riaprissi più gli occhi, anzi che vedere il mio fratello stesso sospingermi con la sua lancia nell’abisso? Mio Dio, tu che sei buono, forse era scritto dalla nascita per me; ma salva il figlio mio: che cosa ha potuto fare questo piccino innocente da meritar in un baratro una morte tanto crudele?» Pietro rise e lo respinse con la lancia; e il cosacco col fanciullo precipitò nella voragine. Pietro serbò per sè solo ogni bene, e si dette a vivere come un pascià. Non si eran mai veduti armenti di cavalli come quelli di Pietro; in niuna parte mai si eran veduti simili pecore e agnelli. Pietro morì.


«Quando Pietro fu morto, Dio convocò le due anime di Pietro e di Ivan pel giudizio: «Quest’uomo è un gran colpevole!» disse Dio: «Ivan, io non posso trovare lì per lì un castigo per lui; castigalo tu stesso!». Ivan pensò lungamente, imaginando supplizi; alla fine, rispose: «Quest’uomo mi ha fatto un grande oltraggio; ha venduto suo fratello, come Giuda, e mi ha privato d’una famiglia e di una posterità nel mondo. E l’uomo che trovasi senza famiglia onorata e senza posterità nel mondo, è come seme di frumento gettato che cade in terreno sterile, e perdersi; non ne spunta germe, e nessuno sa che frumento fu seminato in quel punto.


«Fa’ dunque, mio Dio, che tutta la sua discendenza non abbia letizia sulla terra; che l’ultimo della sua stirpe sia tale scellerato, che la terra non ne abbia mai portato uno pari: che a cagione de’ suoi delitti, gli avi, gli antenati suoi non trovino riposo nelle tombe, ma soffrendo un supplizio ignoto al mondo, essi balzino da’ loro sepolcri. E lui — Giuda — Pietro — non abbia la forza di sollevarsi e patisca, perciò, un’angoscia peggiore, e, come un arrabbiato, mangi la terra sotto la quale si dimena.