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mondo». O ve’: questo pensiero è tratto da un’opera tradotta dal tedesco! Ne ho scordato il titolo.

«Ti dico ciò per esperienza, sebbene io non sia stata nel mondo mai più in là della porta di casa. Non scorre forse la mia vita nell’abbondanza? La mia padroncina, che il babbo chiama Sofia, mi ama follemente».

Ahimè, ahimè!... Niente, niente! Zitto!

«Anche il babbo mi carezza spesso. Bevo tè, caffè con crema. Ah, ma chère!1. Devo dirti che non trovo piacere di sorta negli ossoni che il nostro Polkan rode e divora in cucina. Non mi piacciono, fra le ossa grosse, che quelle della selvaggina, massime quando non ne hanno succhiato il midollo. Bonissimo è mescolarvi un bel po’ di salsa, ma senza capperi o legumi; però, stimo non ci sia cosa peggiore quanto l’uso di dare ai cani pallottoline di pane a tortello. Un messere qualunque, seduto a mensa, che ha preso con le mani ogni specie di lordure, indura fra le dita del pane, lo chiama e gli ficca delle pallottoline fra i denti. Rifiutarle, sarebbe scortesia... allora, tu ingozzi, nauseato bensi, ma ingozzi...».

Solo il diavolo sa che cosa voglia dir cotesto. Che sciocchezze! Come se non vi fosse di meglio per scrivere! Vediamo un’altra pagina; può darsi che vi trovi qualcosa di più ragionevole.

«Son disposta col più gran piacere a raccontarti tutti i fatti che avvengon da noi. Ti ho già parlato del padrone, chiamato babbo da Sofia. È un uomo stupefacente...».

Ah, eccoti alla fine! Sì, lo sapevo: in essi trovasi una veduta politica sovra qualsiasi oggetto. Vediamo sul babbo.

«... un uomo stupefacente; rimane sempre muto; parla rarissimamente. La settimana passata egli diceva continuamente fra sè: «L’avrò o non l’avrò?». Prendeva una carta fra una mano, chiudeva l’altra vuota, e diceva: «L’avrò o non l’avrò?». Si volse una volta a me e mi chiese:

«Che ne pensi, Medij? Lo avrò o non l’avrò?». Non ci capivo niente; gli annusai gli stivali e uscii. Poco dopo, ma chère, in capo a una settimana, il babbo rientrò tutto raggiante... durante la mattinata vennero per casa tanti signori in uniforme, che si congratulavano di non so che.

  1. Le parole francesi sono nel testo.