Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/161

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NOVELLE 159

A tavola egli era più allegro che non l’avessi mai visto sino allora, e narrava storielle. Dopo il pasto, mi prese pel collo e mi disse: «Via, guarda, Medij, ch’è mai questo!». Vidi un nastrino. Lo annasai; ma, in verità, non aveva odore; infine, lo leccai pian piano; era un po’ sudicio...».

O ve’; codesta cucciola mi pare troppo... Perchè non la staffilano? Insomma, lui è ambizioso. E ciò sta bene notare.

«Addio, ma chère... Scappo... et cætera... Domani finirò la lettera... Ah, buondì! Eccomi di nuovo a te. Oggi la mia padroncina Sofia...».

Ah, vediamo che dice di Sofia... Olà, briccone!... niente, niente. Seguitiamo:

«...la mia padroncina Sofia era tutta affannata. Si preparava per un ballo e io sono stata felicissima pensando che durante la sua assenza potrò scriverti. La mia Sofia è beata sempre quando va a’ balli, sebbene ogni volta si adiri mentre si veste. Non capisco perchè la gente si vesta; perchè non vanno come noi, ad esempio? Si sta benissimo e più tranquilli. E neppure capisco, ma chère, la felicità di andare al ballo. Sofia torna quasi sempre dal ballo verso le sei del mattino, e mi accorgo quasi ogni volta, da quell’aria di pallore, di vuoto, che non le han dato niente da mangiare. Sventurata! Confesso che io non potrei vivere così. Se non mi dessero salse con una starna o una aletta di pollo arrosto, allora... chi sa che mi avverrebbe! Anche la salsa al semolino è bonissima; ma la carota, la rapa, i carciofi... tutta roba da buttar via...».

Questo stile è singolarmente ineguale. Si vede subito che non scrive un uomo. Comincia convenevolmente, e finisce in... canaglia. Vediamo ancora un’altra lettera; qualcosa un po’ lunga. Guarda; qui non c’è data:

«Ah, très chère, come si sente l’avvicinar della primavera! Mi batte il cuore come se aspettasse qualcosa. Ho nelle orecchie un continuo corneamento, tanto che certe volte, alzando una zampa, rimango per alcuni minuti ad ascoltare alla porta. Ti svelerò che ho molti corteggiatori. Li guardo spesso seduta sulla finestra. Ah, se sapessi, fra loro, quanti son brutti! Un di essi, rozzo can da cortile, terribilmente balordo, che porta la stupidità sulla faccia, se ne va serio serio per la via, si crede un personaggio importante e pensa che tutti sieno là per mirarlo. Io non gli ho badato punto, proprio come se non lo vedessi. E quell’alano se ne sta pure dinanzi alla mia finestra! Se si drizzasse sulle