Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/37

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stato scoperto. Poggiandosi pian piano al tronco, risolse di restar lì, fermo.

La fanciulla profferì nettamente il nome di lui.

— Levko?... Levko è ancora un ragazzo, — diceva a voce bassa e roca l’omone alto. — Se te lo capito in casa, gli tiro le orecchie!

— Vorrei proprio vedere il bravaccio che vanta di tirarmi le orecchie! — disse Levko fra sè, e sporse la testa sì da non perdere una sola parola; ma lo sconosciuto discorreva tanto piano, che non era possibile coglier sillaba.

— Tu dunque non ti vergogni? — disse Anna, appena l’altro tacque. — Tu menti, tu m’inganni, tu non mi vuoi bene; io non crederò mai che tu mi abbia voluto bene.

— Lo so, — rispondeva l’uomo aitante: — Levko deve averti snocciolato un monte di sciocchezze, e ti ha fatto girar la testa.

Questa volta parve al giovine che la voce dello sconosciuto altrettanto sconosciuta non gli fosse; che l’avesse udita altra volta.

— M’incarico io del tuo Levko, — insisteva lo sconosciuto: — lui crede che io non conosca tutte le sue bricconate. Gl’insegnerò io, a quel figlio di cane, il colore del mio pugno.

A queste parole, Levko non potè restare sulle mosse; si avventò allo sconosciuto e già levava il braccio per dargliene a tempesta, chè, per gagliardo che fosse, lo sconosciuto avrebbe piegato, quand’ecco, in quell’attimo, la luna gli schiara il volto e Levko resta lì di sasso... aveva davanti il padre. Il suo stupore, non apparve che dal tentennar del capo e da un lieve bramito.

S’intese un fruscio. Anna scomparve nella casetta, e si chiuse la porta alle spalle, sbarrando poi in fretta.

— Addio, Anna! gridò allora uno fra i giovanotti sopraggiunti lì d’improvviso e aprendo le braccia per seguirla; ma, spaventato, indietreggia quasi interdetto nell’incontrare i ruvidi mustacchi del capoccia.

— Addio, addio, Anna! — seguitarono a strillare molti altri giovani, avviticchiandoglisi al collo.

— Andate al diavolo, birbaccioni maledetti! — urlava il Capo brancicando e scalpitando rabbiosamente. — Per quale Anna mi scambiate? Andate a pigliar sulle forche il posto de’ vostri padri, figli di Satanasso! Sciame di mosche al miele!... Ve la darò io l’Anna!