Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/65

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NOVELLE 63

femmina; su via, ascolta. Qui, vicino vicino, una stradicciola gira a dritta nella foresta. Appena cadrà la sera per i campi, trovati pronto a metterti in cammino. Nella foresta vivono zingari che non escono mai dai loro rifugi se non per lavorare il ferro nelle ore della notte dove girano solo le streghe a cavallo de’ loro tizzoni. Qual’è, in fondo, la loro arte vera? Ciò non ti riguarda. Vi sarà molto strepito nella foresta; solo, tu non andar verso il luogo d’onde esso ti viene. Ti troverai dinanzi un sentierino che passa vicino ad un albero arso dal fulmine; prendi quel sentiero e cammina, cammina, cammina... I cespugli spinosi ti graffieranno; dense macchie d’avellani ti sbarreranno il passo; tu cammina sempre, e quando giungerai vicino a un ruscelletto, solo allora potrai fermarti e vedrai quel che vuoi. Nè dimenticar di metterti nelle tasche la cosa per la quale esse son fatte. «Tu capisci»: uomini o diavoli, tutti la vogliono...

Il mio defunto nonno non era un vile. Se gli avveniva di incontrarsi in un lupo, lo afferrava per la coda; quando coi pugni si apriva un varco fra i cosacchi, tutti gli stramazzavano intorno come pere. Tuttavia sentì scorrersi per la schiena un brivido quando entrò durante una notte così nera nella foresta. Non una stella in cielo. Era buio, deserto come in uno speco. Non si udiva che lassù, lassù, al di sopra della testa, il vento freddo stormir sulle cime degli alberi, e gli alberi, come tante teste di cosacchi briachi, vacillavano, simili a crapuloni, mormorando dal fogliame parole senza senso. Or proprio sul punto nel quale, sentendo già vivo il freddo, si pentiva di non aver preso con sè il pelliccione di agnello, ecco, d’un subito, la foresta gli appare chiarita come dall’aurora, e nell’un tempo un frastuono pari a quello di cento magli risuonò sì forte alle sue orecchie che credette averne la testa fracassataa.

Il nonno scorse allora dinnanzi a sè un sentieruzzo che serpeggiava fra i cespugli; l’albero arso dalla folgore comparve anch’eso come gli arbusti spinosi. Ogni cosa era là, appunto come gli avevan detto. No; il taverniere non lo aveva ingannato. Ma non era poi tanto facile e piacevole l’aprirsi un varco traverso le prunaie. Mai, in tutta la vita, aveva egli visto spine e ramaglie graffiar così spietate; quasi a ogni passo, egli soffocava un grido. Non di meno, a poco a poco, usci da quell’angustia, e giunse in luogo più aperto, a quanto potè vedere, gli alberi diventavan più ra-