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62 GOGOL

ligna si è impadronita del zaporogo; ma chi ha preso i cavalli?».

Dopo aver pensato e ripensato a lungo, il nonno concluse ch’era venuto il diavolo, e, siccome di lì all’inferno c’era una gran galoppata da fare, gli aveva rapito il cavallo. Intanto, provava molta pena di non aver mantenuta la sua parola di cosacco.

— Ebbene — pensò — non c’è che fare. Andrò a piedi. Forse troverò sulla mia strada qualche cozzone di ritorno dalla fiera e potrò comperare da lui un cavallo.

Volle mettersi il berretto, ma anche il berretto era scomparso. Il nonno defunto si torse le mani per disperazione, ricordando che la sera avanti lo aveva scambiato con quello del zaporogo. Il rinnegato dunque aveva rubato anch’esso. Aveva un bel figurarsi oramai! E che bei regali dall’etmano!... si trovava proprio in piena corsa per recar la lettera alla zariza!... E allora il nonno prese a bestemmiare il diavolo con tanta foga, che giù, nel fondo dell’inferno, lui ne dovette starnutire parecchie volte1.

Ma le parole non metton gamba agli affari: il nonno ebbe un bel grattarsi la nuca; non trovò niente di niente. Che fare? ricorse allora alla intelligenza degli altri. Riunì tutta la buona gente che si trovava nella bettola, cumaki e altri passeggeieri, e raccontò la propria disgrazia. I cumaki restarono lungamente pensosi; col mento poggiato alle fruste, tentennarono il capo, e finirono col dire che essi non avevan mai sentito parlare in tutto il mondo cristiano neppur dell’ombra di una lettera di etmano rubata dal diavolo; altri aggiunsero qualmente se un diavolo o un moscovita rubano alcuna cosa, non c’era più speranza di sorta. Solo, il tavernaio se ne stava zitto, nel suo cantuccio. Il nonno si rivolse a lui: «Quando un uomo sta zitto è segno che ha molto da dire». Però il tavernaio non era molto prodigo di parole, e se mio nonno non avesse tratti di tasca cinque scudi, non gli avrebbe cavata sillaba di bocca.

— Ora t’insegnerò come potrai ritrovar la tua lettera — disse l’oste, tirando il nonno in disparte.

Il nonno si sentì come alleggerito d’un peso.

Ti vedo già negli occhi che tu sei un cosacco e non una

  1. Frase russa che corrisponde, alla nostra: zufolare o tintinnare le orecchie; anche, corneamento.