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NOVELLE 67

che carte maggiori; e senza badarci su più che tanto, strisciò con esse i mustacchi dei re.

— Ah, ah! codesto non è un giuocar da cosacco! Con che cosa copri tu le mie carte, compare?

— Come, con che? Con carte maggiori!

— Forse da voi son maggiori, ma non da noi.

Mio nonno guardava, e davvero, i suoi son colori comuni. — Che truffaldina! — Dovette restare per la seconda volta durak e godersi di nuovo le strida degli impuri, che gridavano a squarciagola:

Durak! durak! durak!

Ne tremava la tavola e balzavano le carte.

Il nonno si scaldava sempre più. Dette partita per la terza volta. Come dianzi, la briga andò sulle prime d’incanto. La strega gettò cinque carte; mio nonno le coperse, e prese dal mazzo tutta una mano di maggiori.

— Maggiori — gridò il nonno picchiando con la carta sulla tavola, quasi al punto di rovesciarla. La strega senza far motto, la coperse con un semplice otto.

— Or con che copri tu, vecchia diavolessa?

La strega sollevò la carta ed egli vide che la sua carta era un semplice sei.

— Oh ve’! che batteria d’inferno! — disse mio nonno, e per dispetto battè il pugno sulla tavola con tutte le sue forze.

Fortunatamente la strega aveva solo carte dispari, mentre il nonno le aveva pari. Egli le gettò, e prese di nuovo altre carte dal mazzo; ma tutte eran tanto cattive che gli caddero le braccia; e quel che è peggio, esse erano le ultime. In atto indifferente, lui lasciò cader sulla tavola un semplice sei. La strega lo raccolse.

— Ah, che vuol dire codesto? gatta ci cova.

Allora il nonno mise furtivamente le carte sotto la tavola e le segnò col segno della croce. D’un tratto ecco si vide fra la mano l’asso, il re, il valletto maggiore; ciò che egli aveva preso per sei era la donna di picche.

— Ah, sciocco che io m’era! e il re, lo vuoi? ah, ah! lo raccogli.

— Ah, ah! fior di canaglia, l’asso lo vuoi, lo vuoi l’asso e il valletto?

Il tuono echeggiò nell’inferno. La strega si contorceva in convulsioni, e non si sa donde, paf! il berretto piomba in faccia al nonno.