Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/141

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TARAS BUL'BA

cesso questa notte; ecco a che punto giunse la crapula! Ecco quale oltraggio ci ha inflitto il nemico! Ormai s’è formata presso di voi questa consuetudine, che, appena si permette di raddoppiare la razione, voi siete pronti a stendervi giú per modo che il nemico dell’esercito di Cristo non solo vi porterà via i calzoni, ma verrà a starnutarvi sul viso senza che voi lo sentiate.

I cosacchi stavano lí ritti, a testa bassa, per la coscienza della colpa; soltanto uno, il comandante di una kurjenja di Nesamajkov, Kukubjenko, prese la parola.

— Adagio, babbo nostro! — egli disse — quantunque non è nella legge il fare una replica qualsiasi, allorché parla il Koscevoj al cospetto di tutto l’esercito; siccome la faccenda non è come tu dici, cosí è necessario che io parli. Tu non hai punto ragione di rimproverare tutto l’esercito di Cristo. I cosacchi sarebbero colpevoli e degni di morte, se avessero bevuto durante la marcia, in mezzo alla battaglia, nel corso di un’impresa difficile e faticosa: ma noi qui stavamo inoperosi, languivamo inutilmente dinanzi alla città. Non era giorno di digiuno o di qualsivoglia astinenza religiosa: come può avvenire che nell’ozio un uomo non si ubbriachi? Qui non c’è peccato. Ma, piuttosto, ora faremo vedere a costoro che vuol dire dare


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