Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/153

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TARAS BUL'BA

prirlo. Da un altro lato, quasi alla porta laterale, stava un altro colonnello, un ometto tutto rinsecchito; ma due occhietti aguzzi guardavano con vivacità di sotto a quelle folte sopracciglia, ed egli si voltava rapidamente in tutti i sensi, additando con gesti impetuosi della sua scarna mano, distribuendo istruzioni; si capiva che, a dispetto del suo corpo meschino, egli conosceva molto bene la scienza della guerra. Poco lontano da lui era l’alfiere, lungo lungo, con folti baffi, e dal vermiglio acceso delle sue guance si vedeva che non aveva sofferto privazioni; il signore amava le bibite forti d’idromele e le buone cenette. Dietro a costoro si potevano vedere in gran numero i piú vari rappresentanti della nobiltà polacca, messi in armi, quali a proprie spese, quali dalla cassa del re, quali con danari presi in prestito dagli ebrei, dando in pegno tutto ciò che si trovava negli aviti castelli. Non pochi erano anche i vari commensali senatorii, persone che i senatori a titolo d’onore menavano con sé a pranzo e cena, persone che rubavano le coppe d’argento dalla mensa o dalla credenza, e che dopo l’onore di oggi, il giorno dopo si vedevano seduti in cassetta guidare i cavalli di un nobile qualsiasi. C’era ogni sorta di gente. Per un’altra occasione, fosse pure per fare baldoria, non c’erano i mezzi;


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