Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/154

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GOGOL

ma per la guerra si erano tutti bene addobbati.

Le schiere dei cosacchi si stendevano tranquillamente avanti le mura. Nessuno aveva dell’oro addosso: soltanto qua e là si vedeva l’oro rifulgere in qualche elsa di spada o in qualche bordura di fucile. Non piaceva ai cosacchi abbigliarsi sontuosamente per le battaglie: indossavano una semplice maglia e il cappotto, e da lontano nereggiavano e rosseggiavano i loro neri berretti di montone coperti di rosso.

Due cosacchi si fecero avanti uscendo dalle file dei Saporogini: uno ancora molto giovine, l’altro piuttosto anziano; tutti e due mordaci nel parlare, ma anche capaci di menare le mani da buoni cosacchi: Ochrim Nasc e Mykyta Golokopytenko. Dietro ad essi uscí anche Demid Popovic, un cosacco robusto che già da gran tempo aveva vivacchiato alla Sjec, dopo essere stato sotto Adrianopoli e aver molto sofferto in vita sua: stavano per bruciarlo vivo, e riuscí a scappare alla Sjec col capo impiastrato di pece e affumicato, e coi baffi bruciati; ma Popovic risanò, rimise il ciuffo di capelli sull’orecchio e fece ricrescere i baffi, neri e folti come la pece. E Popovic era anche forte nell’usare le parole ingiuriose.

— Eh! quanti bei mantellini in tutto quel-


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