Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/164

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GOGOL

accorsero i Ljachi che la faccenda finiva male per loro, ripiegarono la bandiera e gridarono che si aprissero le porte della città. Si aprirono stridendo le porte rivestite di ferro e accolsero, affollati come pecore all’ovile, gli esausti e polverosi cavalieri. Molti dei Saporogini stettero per slanciarsi dietro di essi, ma Ostap trattenne i suoi Umani dicendo:

— Indietro, indietro, signori miei! scostatevi dalle mura! non conviene avvicinarsi ad esse.

E aveva ragione, perché dalle mura partí una scarica che buttò giú tutto quel che incontrò, e molti ne furono colpiti.

In quel mentre arrivò il Koscevoj, e fece un elogio a Ostap, dicendo:

— Ecco anche il nuovo atamano! ma conduce l’esercito come avrebbe fatto il vecchio.

Volse lo sguardo allora il vecchio Bul’ba per vedere chi fosse il nuovo atamano, e vide che innanzi a tutti gli Umani era a cavallo Ostap col berretto incalzato di traverso e il bastone del comando in mano.

— Vedi, eh! che uomo! — disse guardandolo, e il vecchio si rallegrò e prese a ringraziare tutti gli Umani per l’onore fatto a suo figlio.

I cosacchi si ritirarono di nuovo per recarsi agli attendamenti, ma sul terrapieno della città


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