Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/179

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TARAS BUL'BA

fra loro. Cominciarono per primi i comandanti e, tirando indietro con la mano i loro baffi grigi, si baciavano sulle gote e si prendevano per mano e si stringevano forte la mano. L’uno avrebbe chiesto volentieri all’altro: «Di’, egregio camerata: ci rivedremo o non ci rivedremo?». Ma non domandavano, tacevano... e rimanevano pensierosi tutti e due quei capi canuti. Quindi i cosacchi si salutarono dal primo all’ultimo, sapendo che avevano ancora molto lavoro da compiere gli uni e gli altri; però decisero di non separarsi subito, ma di aspettare l’oscurità della notte per non lasciare scorgere al nemico la riduzione delle forze dell’esercito cosacco. Quindi tornarono tutti alle kurjenie per cenare.

Dopo la cena, quelli a cui sarebbe toccato tra poco di mettersi in marcia, si misero a riposare e si addormentarono di un sonno profondo e lungo, come se sentissero che quello forse era l’ultimo sonno che veniva loro concesso di gustare in tale libertà. Dormirono fino al tramonto; ma come fu calato il sole e l’aria cominciò a imbrunire, si diedero a ungere le ruote dei carri; mettendosi in ordine di marcia, mandarono avanti i carriaggi, ed essi, salutatisi ancora una volta coi camerati agitando i berretti, si avviarono pian piano dietro ai carri; la cavalle-


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