Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/19

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TARAS BUL'BA

circassi, arrivati nel salone di Bul’ba per vie svariate, di terza e quarta mano, cosa del tutto usuale in quei tempi avventurosi. Banchi in legno di betulla erano disposti attorno a tutta la sala; un tavolo enorme sotto le immagini sacre, nell’angolo delle solennità; una larga stufa con i suoi annessi, sporgenze e gradini, coperta di quadrelli colorati e variopinti; tutto ciò era assai ben noto ai nostri due giovinotti, che ogni anno tornavano a casa a piedi nei giorni della canicola; a piedi, perché non avevano ancora dei cavalli, e perché non era nelle consuetudini il permettere agli studenti di andare a cavallo. Essi non avevano altro che i loro lunghi ciuffi, pei quali potevano essere acciuffati da qualsiasi cosacco armato di schioppo. Soltanto in occasione del loro licenziamento, Bul’ba aveva mandato loro dalla sua mandra un paio di stalloni giovani.

Bul’ba per festeggiare il ritorno dei figli, ordinò d’invitare tutti i sotniki1 è tutto il ceto militare che si trovava sul posto; e quando giunsero due di essi e l’esaul2 Demetrio Tovkac, suo vecchio amico, subito Bul’ ba presentò loro i figli dicendo: — Guardate un po’


  1. Capo di una sotnja, o centuria nell’esercito cosacco.
  2. Capitano cosacco.

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