Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/207

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TARAS BUL'BA

pelli neri di sotto all’elmo di rame; svolazzava, avvolta al braccio, una preziosa sciarpa, ricamata dalle mani della prima tra le belle. Ed ecco, Taras fu atterrito, quando riconobbe che quegli era Andrea. Quegli intanto, tutto in preda alla foga e all’ardore della battaglia, avido di meritare il pegno avvolto al braccio, si lanciava come un giovine levriero, il piú bello, il piú veloce, e il piú giovine di tutta la muta. Aizzato dall’esperto cacciatore, s’avventa, lanciando nell’aria in linea retta le sue gambe, sempre curvandosi di fianco con tutto il corpo, spazzando la neve, e sorpassando dieci volte la lepre stessa, nel calore della sua corsa. Si fermò il vecchio Bul’ba a guardare come egli spianava la strada davanti a sé; metteva in fuga, stroncava, seminava colpi a destra e a manca.

Non resistette Taras, e gridò forte:

— Come? I tuoi compagni? I tuoi, figlio del diavolo i tuoi tu uccidi?

Ma Andrea non distingueva chi aveva davanti a sé, fosse uno dei suoi o un estraneo qualsiasi; non vedeva niente. Dei riccioli, dei riccioli vedeva, lunghi lunghi riccioli, e un seno simile a un cigno fluviale, e un collo di neve, e delle spalle e tutto quello che era stato creato per i baci pieni di follia.

— Ehi, giovinotti, pensate soltanto ad atti-


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