Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/215

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TARAS BUL'BA

tu ardi dalla febbre e dici parole senza senso. Questa è la prima volta che ti assopisti tranquillamente. Sta’ zitto via! se non vuoi rovinarti da te.

Ma Taras seguitò a tentare e sforzarsi di raccogliere i suoi pensieri e ricordare quello che era successo.

— Sí, capisco, mi presero e mi accerchiarono tutti insieme i Ljachi? Io non ebbi nessuna possibilità di cavarmi fuori da quella folla?

— Zitto, eh; dico a te, ragazzaccio del diavolo! — gridò Tovkac, montato in collera, come una bambinaia che perde la pazienza e sgrida una piccola canaglia. — Che t’importa di sapere come te la cavasti? Contentati di essertela cavata. Si trovarono persone che non ti abbandonarono: ecco tutto, e falla finita! Abbiamo ancora non poche notti da passare galoppando insieme sullo stesso cavallo. Tu credi di essere passato per un cosacco qualunque? No, sul tuo capo hanno messo una taglia di duemila ducati.

— E Ostap? — urlò a un tratto Taras, facendo uno sforzo estremo per tirarsi su; e improvvisamente si ricordò come Ostap era stato preso e legato sotto i suoi occhi, e che egli ormai era nelle mani dei Ljachi. E il dolore avvolse quella testa canuta. Strappò e lacerò tutte


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