Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/22

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GOGOL

la moglie? Ma lei vada pure in malora: io, cosacco, non voglio! Cosí, che monta se non c’è la guerra? Vengo lo stesso con voi a Saporog, per passatempo. Com’è vero Dio, ci vengo! — E il vecchio Bul’ba a poco a poco s’infiammò; s’infiammò e da ultimo s’infuriò addirittura, si alzò da tavola e mettendosi in posa, batté il piede a terra. — Domani proprio ci andremo! Perché rimandare? Che nemico possiamo stillare fuori restando qui? Che c’importa di questa baracca? Che c’importa tutta questa roba? Che ne facciamo di queste pentole? — E detto questo, cominciò a battere e a scaraventare le pentole e i fiaschi.

La povera vecchietta, già avvezza a siffatte gesta del marito, stava a guardare con tristezza, seduta su un banco. Non osava dire una parola; ma avendo udita quella decisione per lei tremenda, non poté trattenere le lagrime; guardava i suoi figli da cui una cosí rapida separazione la minacciava; e nessuno potrebbe descrivere tutta la forza silenziosa del suo affanno, che soltanto pareva guizzare nei suoi occhi e nelle labbra convulsamente serrate.

Bul’ba era un testardo da far paura. Era uno di quei caratteri che potevano sorgere soltanto in quel penoso secolo XV in quel seminomade angolo dell’Europa, quando tutta la parte me-


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