Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/23

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TARAS BUL'BA

ridionale dell’antica Russia, abbandonata dai suoi príncipi, fu devastata, arsa fino allo sterminio dalle infrenabili incursioni dei predatori mongoli; quando, spogliato d’una casa e d’un tetto, l’uomo qui divenne capace d’ogni ardimento; quando sui luoghi devastati dagl’incendi, al cospetto di vicini minacciosi e di un pericolo perpetuo, egli si stanziava e s’avvezzava a guardarli fiso negli occhi, avendo disimparato che potesse esistere al mondo la paura; quando una fiammata violenta investí lo spirito slavo pacifico dei vecchi tempi, e si formò il cosacchismo — quel vasto, irresistibile slancio della natura russa — e quando lungo i corsi dei fiumi e nei valichi e nelle piagge scoscese e in ogni posto favorevole s’erano stanziati i cosacchi, dei quali nessuno sapeva neppure il numero, e i loro arditi camerati avevano ragione di rispondere al Sultano, che desiderava di sapere in quanti fossero: «Chi lo sa? Da noi sono sparsi per tutta la steppa: sc’ to bajrak to kosak (dovunque è un piccolo rialzo di terreno, c’è già un cosacco)». Fu addirittura una straordinaria manifestazione della forza russa; la fece sprizzare dal seno della nazione l’acciarino delle sventure. Al posto degli antichi principati, delle piccole città, piene di allevatori di cani e piene di cacciatori, al posto dei signo-


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