Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/242

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GOGOL


— Andiamo! — disse all’improvviso, come riscuotendosi — andiamo sulla piazza. Voglio stare a vedere come lo strazieranno.

— Ahi, signore! perché andarci? È chiaro che con ciò non possiamo dare alcun aiuto.

— Andiamo — disse Bul’ ba ostinato, e il giudeo come una bambinaia dietro a un monello irrequieto, con un sospiro prese a seguirne le orme.

La piazza in cui doveva compiersi il supplizio non era difficile a cercarsi: la folla si rovesciava in essa da tutti i lati. Per quella rozza età si trattava di uno dei piú segnalati spettacoli, non solo per la plebe, ma anche per le classi piú elevate. Una quantità di vecchie, delle piú religiose e divote, una quantità di giovani ragazze e donne delle piú timide che poi tutta la notte appresso vedevano continuamente in sogno cadaveri insanguinati, e sognando gridavano cosí forte, come può gridare soltanto un ussero ubbriaco — pure non lasciavano perdere l’occasione di andare a curiosare.

— Ahi, che supplizio! — gridavano tra esse alcune in un accesso di febbre isterica, chiudendo gli occhi e voltandosi indietro, e nondimeno, rimanevano lí a lungo. Qualche altro, con la bocca aperta, e allungando le braccia avanti, avrebbe voluto magari saltare sul capo a


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