Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/243

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TARAS BUL'BA

tutti per potere di là guardare meglio. Dalla folla delle teste anguste, minute e ordinarie, emergeva la faccia piatta di un macellaio, che osservava con aria di competenza tutto il procedimento e parlava a monosillabi con un armaiuolo, a cui egli dava il nome di compare, perché la domenica andavano ad ubbriacarsi insieme nella medesima osteria. Alcuni disputavano con calore; altri facevano perfino delle scommesse, ma la grande maggioranza era composta di quelle persone che sul mondo intero e su ciò che avviene nel mondo stanno a guardare, mentre con un dito fanno pulizia nel naso. In prima linea, subito dopo i ceffi baffuti appartenenti alla guardia civica, stava un giovine nobile, o sedicente nobile, in arnese da battaglia, il quale aveva evidentemente indossato tutto quello che possedeva, in modo che nel suo quartiere non doveva esserci rimasto altro che una camicia sdrucita e un vecchio paio di stivali. Due collane, una sopra l’altra, gli pendevano dal collo con non so quale medaglia d’oro. Aveva con sé la sua fidanzata, Juzysja, e continuamente guardava attorno perché non le macchiasse qualcuno l’abito di seta. Egli dava a lei tutte le informazioni del caso, tanto che sicuramente non c’era niente da aggiungere.

— Ecco, amore mio, Juzysja — egli diceva


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