Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/25

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TARAS BUL'BA

tirava nei prati e nei campi, e ai valichi del Dnjepr, attendeva alla pesca o al commercio, fabbricava birra, ed era un libero cosacco. Gli stranieri contemporanei avevano ragione allora di ammirare le sue non comuni attitudini. Non c’era un mestiere che il cosacco non conoscesse: distillare l’acquavite, allestire un baroccio, fabbricare la polvere da fucile, impiantare un’officina da magnano o da falegname, e, per giunta a tutto questo, scorrazzare all’impazzata, bere e cioncare quanto solamente un russo è capace di fare; tutto ciò era un fardello leggiero per le sue spalle. Oltre i cosacchi iscritti al servizio, che si tenevano obbligati a presentarsi in tempo di guerra, era possibile in qualsiasi tempo, in caso di grande necessità, raccogliere intere masse di cavalleria volontaria: bastava che gli esaul andassero per i mercati e per le piazze di tutti i borghi e villaggi, e cominciassero a gridare a squarciagola, dall’alto del baroccio: — Olà voi altri, birrai, acquavitai! Basta per voi lo stare a cuocere la birra, e dondolarvi attorno alla stufa, e nutrire le mosche col vostro corpo ingrassato! Avanti, a guadagnarvi la gloria dei cavalieri e l’onore! Voi, aratori, mietitori di granturco, pastori di pecore, donnaioli! Basta per voi l’andar dietro all’aratro, e imbrattarvi nella terra i gambali gial-


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