Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/29

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TARAS BUL'BA

ciò a russare, e a lui tenne dietro tutto il cortile; ogni essere giacente nei suoi vari angoli cominciò la sua musica russando. Prima di tutti s’addormentò il guardiano, perché piú di tutti s’era ubbriacato per l’arrivo dei padroncini.

La sola che non dormisse era la misera madre. China sul capezzale dei suoi cari figli, che giacevano l’uno accanto all’altro, ravviava con un pettine i loro giovani riccioli trascurati e arruffati, e li ammorbidiva con le lagrime. Era tutta intenta a guardarli, con tutti i suoi sentimenti li guardava, tutta se stessa aveva concentrato in quello sguardo, e non si saziava di contemplarli. Essa li aveva nutriti col proprio seno, essa li aveva tirati su, li aveva educati teneramente... e solo per un istante li vede dinanzi a sé. — Figli miei, figli miei cari! che sarà di voi? che sorte vi attende? — diceva, e le lagrime si fermavano tra le rughe che avevano alterato il suo volto già cosí bello! In realtà, essa era infelice, come ogni donna di quel tempo avventuroso. Per un momento solo aveva vissuto d’amore, solo nella prima febbre della passione, nella prima febbre della gioventú, e subito il suo rozzo seduttore l’aveva abbandonata per la sciabola, per i compagni, per le sbornie. Essa vedeva il marito due o tre gior-


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