Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/55

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TARAS BUL'BA

mezzo ai quali ballava un giovine saporogino, strappando maledettamente il suo cappello e tirandolo in aria con le mani. Non faceva che gridare: — Piú svelti, suonatori! Maso, non lesinare l’acquavite ai fedeli cristiani! — E Maso, che aveva un livido a un occhio, mesceva a ufo ad ognuno che veniva ad aggiungersi alla cerchia sempre crescente degli spettatori. Intorno al giovine saporogino quattro vecchi dimenavano i piedi con passi piuttosto minuti, poi si gettavano di fianco con l’impeto del turbine fin sulle teste dei suonatori, e improvvisamente si abbandonavano giú, si lanciavano nella prisjadka1 e picchiavano colpi duri e forti coi loro tacchi d’argento sul terreno solidamente battuto. La terra rimbombava cupa in tutta quella cerchia, e nell’aria si spandevano lontano i colpi dei vari passi di danza battuti dai sonori tacchi degli stivali. Ma c’era uno che piú vivace di tutti gridava e volava seguendo la danza degli altri. Il suo ciuffo sventolava al vento, il petto vigoroso era tutto scoperto; una calda pelliccia di pecora gli ricopriva le maniche, e il sudore gli grondava giú a rivi come versato da una secchia.


  1. Il passo caratteristico di questa danza; si accovacciavano un momento per poi saltare su di slancio.

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