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48 ATTO SECONDO
Valerio. Queste parole sono da uomo disperato.

Moliere. Parole da mio pari.
Valerio.   Oimè! che cosa è stato?
Moliere. Sdegnata la Bejart, non so per qual cagione,
Di sè, della figliuola contro al dover dispone.
Che in scena non verranno protesta in faccia mia.
Ragion di ciò le chiedo, m’insulta e fugge via.
Vi è nota l’odiosa superbia di tai donne.
Io non ho sofferenza di taccolar con gonne.
Valerio. Come! di quelle stolte sarà dunque in balia
All’ultima rovina ridur la compagnia?
Pur troppo abbiam sofferto, per causa dei nemici,
Senza guadagno alcuno, de’ giorni aspri infelici.
Mi sentiran ben esse, e meco parleranno
Tutti i compagni nostri, per non soffrire il danno1.
Molier, non dubitate, in scena le vedrete.
Minaccerò, se giova, le femmine indiscrete. (parte)

SCENA XII.

Moliere e poi Leandro.

Moliere. Sì, sì, fra poco i’ spero veder le donne irate,

Per opra di Valerio alla ragion tornate.
Ma come in un momento cambiossi madre e figlia?
E fin la serva istessa? Qualch’empio le consiglia:
Qualch’empio seduttore le rese a me discordi;
Ma farò, se lo scopro, che di me si ricordi.2
Leandro.3
Molier, le tue bottiglie gettar puoi tu nel fiume.
Ah, ne ho bevute un paio, che incanteriano un nume.
Il tuo Borgogna amaro non mi è piaciuto un fico.
Oh, che vin di Sciampagna bevuto ho da un amico!

  1. Bett.: che soffririano il danno.
  2. Ciò che segue, si trova nelle principali edizioni (Bett., Pap., Zatta ecc.), manca nel Pasquali.
  3. Qui comincia nell'ed. Bett. la sc. VIII.